mercoledì 30 giugno 2010

Più reale del reale di W. Eugene Smith a Cagliari, Centro comunale d’arte e cultura Exmà

Con data unica per l’Italia arriva, nel Centro comunale d’arte e cultura Exmà di Cagliari, la mostra fotografica Più reale del reale che propone circa 150 fotografie vintage di W. Eugene Smith (1918 Wichita, Kansas – 1978 Tucson, Arizona).



L’esposizione, che giunge in città con il contributo dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Cagliari, è curata da Enrica Viganò e prodotta da La Fábrica (Madrid) che pubblica anche il catalogo, curato sempre da Enrica Viganò.

Le fotografie (stampate dallo stesso Smith) e i documenti esposti, fra cui diversi numeri della rivista LIFE, provengono dal Center for Creative Photography di Tucson in Arizona, archivio e centro di ricerca di fama internazionale, situato nell’Università dell’Arizona. Il Centro conserva gli archivi completi di alcuni dei grandi fotografi del XX secolo fra cui Eugene Smith, Ansel Adams, Edward Weston e Richard Avedon.

La mostra sarà visitabile da sabato 17 luglio (inaugurazione venerdì 16 alle ore 19) fino al 26 settembre.


LA MOSTRA

La mostra rende omaggio al percorso di uno dei maestri della fotografia documentale e si centra principalmente sui famosi saggi fotografici Il medico di campagna, La levatrice, Un uomo di carità e Il villaggio spagnolo, pubblicati per la più importante delle riviste dell’epoca, LIFE.
Eugene Smith lavorò per LIFE dal 1946 al 1954, diventando fotografo di fama internazionale. In mostra tutti e quattro i celebrati reportage: lavori emotivamente intensi, fotograficamente spettacolari e capaci di aprire gli occhi al mondo.
Nel 1955, lasciò LIFE e si unì all’Agenzia Magnum, ma il primo lavoro per la famosa agenzia francese, sulla città di Pittsburgh, era destinato a convertirsi in una personale odissea a causa della sua ossessiva ricerca della perfezione.
Per la prima volta in mostra in Italia, oltre a Pittsburgh, anche l’altro lavoro che realizzò da indipendente: Minamata, villaggio giapponese contaminato da scarichi industriali, affrontato sempre con quell’idealismo che lo spingeva a credere che la fotografia potesse cambiare il mondo.

Nel 1948 LIFE gli affidò un servizio, Il medico di campagna, su un medico di campagna, Ernest Ceriani, in Colorado. Il fotografo doveva documentare il mestiere del dottore a contatto con casi e soggetti diversi, ma Smith si cimentò a mostrare quanto di eroico ci fosse in quel lavoro lontano dalla ribalta. Smith rese il protagonista così umano e così vicino al lettore che pareva di conoscerne il carattere. Il risultato - ottenuto sforando come d’abitudine i tempi dell’assignement - fu straordinario ed elogiato da tutti.

La levatrice è un saggio del 1951 dedicato a una levatrice di colore del profondo sud, Maude Callen, modello di coraggio e dignità. Il fotografo vuole mostrare l’importanza di questa figura professionale e approfittare del contesto sociale in cui si muove per toccare il tema del razzismo e delle sue catastrofiche conseguenze. Le trenta fotografie pubblicate da LIFE ricevettero un’attenzione speciale da parte del pubblico e degli inserzionisti (18.000$ raccolti spontaneamente), confermando a Smith che il reportage, capace di colpire l’anima con immagini toccanti, poteva essere strumento per cambiare le condizioni sociali.

In Il villaggio spagnolo troviamo un eccellente caso di reportage sul territorio considerato da critici e storici dell’arte come “il più raffinato risultato del suo genere”. Smith voleva trovare un villaggio che potesse racchiudere in sé la rappresentazione delle condizioni di vita della gente comune in Spagna, e lo trovò a Deleitosa in Estremadura. Rientrò negli Stati Uniti con una dettagliata relazione di 45 pagine redatta con un approccio etnologico, ma anche condita di opinioni politiche ben precise. Inevitabili le discussioni con la redazione e i compromessi per l’uscita dell’articolo che comunque fu malvisto dal governo franchista.

Un uomo di carità rappresenta il punto di rottura con LIFE. Smith da tempo insisteva per ottenere un incarico sul medico e filosofo tedesco Albert Schweitzer, che svolgeva attività missionaria in Africa. Finalmente nel 1954 partì per il Gabon e realizzò un reportage esteso anche al villaggio e alla realtà africana, cogliendo sapientemente l’uomo in azione, ma anche le atmosfere e i luoghi tutt’intorno. Al suo rientro la redazione lo escluse dall’ideazione dell’impaginato e Smith presentò le sue dimissioni.

Con Pittsburgh, finalmente indipendente, sognava di concretizzare la perfetta sintonia tra immagini e parole e mantenere un ritmo incalzante per tutto il racconto. Non arrivò mai a realizzare la sua utopia, dichiarando lui stesso la sconfitta totale dopo anni di accanita dedizione. Ciononostante, l’insieme dei suoi tentativi diedero vita a uno straordinario photo-essay, con un ritmo sincopato che si rivelò l’unico modo possibile per tradurre in immagini le contraddizioni di una città complessa come Pittsburgh, trasformata in personaggio.

Infine l’ultima delle sue crociate personali, Minamata, un villaggio di pescatori contaminato da scarichi industriali. Le immagini di Smith costituiscono il primo contributo alla nascita di una coscienza ecologica in anni in cui la percezione dei danni ambientali provocati dall’uomo era ancora piuttosto assente. Nel 1975 fotografie e testi confluirono in una pubblicazione epica, in grado di toccare cervello e cuore all’unisono.

La mostra sarà visitabile sino al 26 settembre 2010 con i seguenti orari: dal martedì alla domenica dalle ore 10 alle 13 e dalle 17 alle 22; chiuso il lunedì
I possessori della Karalis Card, avranno accesso gratuito alla mostra.

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